venerdì 28 dicembre 2012

Rifiuti radioattivi e finti naufragi di navi

Il misterioso affondamento di tre imbarcazioni riapre il caso dei veleni finiti in fondo al mare: la “Mikigan”, la “Rigel” e la “Four Star”. Trasportavano polvere di marmo. I pentiti Fonti e Di Giovine e il “giallo” insoluto della “Cunsky”.

 

Rifiuti radioattivi e 
finti naufragi di navi 
 
Un vecchio “trucco”. Usato per nascondere un immondo traffico. Un “trucco” adoperato nelle acque del Mediterraneo come in quelle dell'Oceano Atlantico per confondere investigatori pignoli e modernissimi strumenti di ricerca. Lo stratagemma adoperato tra gli anni ’80 e ’90 in giro per i mari del mondo ha il nome di una sostanza apparentemente insignificante: la polvere di marmo. Una sostanza capace di schermare le scorie radioattive. Di limitarne la devastante capacità inquinante durante il trasporto e di renderle invisibili ai rilevatori durante i controlli nei porti. Una polvere che, dalle carte d’imbarco, risultava custodita in grandi quantità nelle stive di alcune navi affondate in circostanze sospette nel Mediterraneo tra il 1986 e l’88. Tre sono colate a picco in acque internazionali, davanti alle coste calabresi: la “Mikigan” il 31 ottobre del 1986; la “Rigel” il 21 settembre 1987; e la “Four Star I” il 9 dicembre 1988. La prima era partita dal porto di Marina di Carrara, la seconda pure, la terza, invece, proveniva da Barcellona (Spagna). La “Mikigan” rimase a galla per dodici ore, la “Rigel” per diciotto; l’altra, battente bandiera dello Sri Lanka, finì sui fondali del mar Jonio in circostanza mai completamente ricostruite e in un punto non individuato.

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