mercoledì 27 marzo 2013

Consiglio ministri scioglie tre Comuni

(ANSA) - CATANZARO, 27 MAR - Il Consiglio dei Ministri ha deliberato lo scioglimento, ai sensi della normativa antimafia, dei Comuni di Melito Porto Salvo, Siderno e San Calogero.


Prorogato per sei mesi lo scioglimento del consiglio comunale di Nardodipace. Il Comune di Melito Porto Salvo era stato sospeso il 25 febbraio scorso e quello di Siderno il 28 giugno del 2012.

Nel settembre del 2012 era stato disposto l'accesso antimafia nel Comune di San Calogero.

Cosca Mancuso Ecco tutti i nomi degli arrestati

Sono 35 le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Catanzaro su richiesta della Dda eseguite, sulle 38 emesse, nel corso dell'operazione congiunta condotta dalla squadra mobile, dal Ros dei carabinieri e dai finanzieri del Gico di Catanzaro nell'ambito di un'inchiesta sulla cosca Mancuso di Limbadi.

http://www.gazzettadelsud.it/news//40283/Cosca-Mancuso--Ecco-i-nomi.html 

Cosca Mancuso
Ecco tutti i nomi  
degli arrestati 
 
Ventiquattro ordinanze sono state emesse nei confronti di persone già sottoposte a fermo nella precedente operazione condotta il 7 marzo scorso e 23 sono state eseguite. Resta irreperibile Mario De Rito, di 39 anni, che era già sfuggito al fermo. Le persone cui l'ordinanza è stata notificata in carcere sono: Pantaleone Mancuso (67), detto "luni vetrinetta"; Giovanni Mancuso (72); Giuseppe Mancuso (36); Antonio Maccarone (34); Antonio Cuturello (23); Giovanni D'Aloi (47); Giuseppe Costantino (47); Fabio Costantino (36); Damian Zbigniew Fialek (36); Antonio Pantano (56); Francesco Tavella (43); Orazio Cicerone (40); Antonino Castagna (63); Giuseppe Raguseo (35); Agostino Papaianni (62); Leonardo Cuppari (39); Bruno Marano (32); Antonio Mamone (45); Antonino Scrugli (37); Gabriele Bombai (43); Salvatore Accorinti (39); Giovanni Antonio Paparatto (40); Antonio Prestia (45). Le nuove ordinanze sono state eseguite nei confronti di Domenico De Lorenzo (23); Gaetano Muscia (49); Antonio Mancuso (75), già detenuto per altra causa; Pantaleone Mancuso (52), detto "luni scarpuni", già detenuto per altra causa; Nicola Angelo Castagna (31); Filippo Mondella (40); Antonio Velardo (36), già detenuto per altra causa; Ercole Antonio Palasciano (52); Francesco Colacino (55); Domenico Musarella (38); Francesco Maria L'Abbate (37); Giuseppe Ierace (52). Sono irreperibili Genry James Fitsimons (64) e Manuel Nunzio Callà (27). (ANSA).

domenica 24 marzo 2013

Vibo, emergenza per le infiltrazioni criminali Molti Comuni rischiano l'accesso antimafia

Il prefetto convoca per mercoledì 27 marzo il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica dopo le ultime inchieste contro la 'ndrangheta. Rischiano di essere travolte le amministrazioni di Parghelia e Tropea e quelle di Limbadi, Ricadi e Joppolo. Ma non sono escluse soprese

Vibo, emergenza per le infiltrazioni criminali
Molti Comuni rischiano l'accesso antimafia
La prefettura di Vibo Valentia

VIBO VALENTIA – Il prefetto di Vibo Valentia, Michele Di Bari, ha convocato per mercoledì 27 marzo in prefettura il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica per esaminare la situazione di alcune amministrazioni comunali del vibonese. Molti Comuni, anche di grandi dimensioni in tutta la provincia, potrebbero subire la visita della commissione d'accesso, alla luce dei recenti sviluppi investigativi.
La riunione si è resa necessaria dopo l’inchiesta della Dda di Catanzaro, denominata «Black money», che nei giorni scorsi ha portato a numerosi fermi fra le fila del clan Mancuso di Limbadi, poi convalidati dal gip, ipotizzando anche condizionamenti nel voto ed ingerenze della criminalità in diversi enti comunali. 
All’attenzione della prefettura, ci sono almeno cinque amministrazioni comunali, tre richiamate negli atti dell’operazione «Black money», vale a dire Limbadi, Ricadi e Joppolo, due nell’inchiesta denominata «Peter Pan», cioè i centri di Parghelia e Tropea. L’elenco dei Comuni del Vibonese «attenzionati» dalla locale prefettura comprenderebbe però anche altre amministrazioni comunali e novità importanti in tal senso potrebbero arrivare già la prossima settimana. 

sabato 9 marzo 2013

Uomini e ruoli per rafforzare il potere del clan

La Dda traccia l’organigramma e l’assetto delle forze messe in campo dalla cosca di Limbadi per non perdere “terreno” nella gestione degli affari. Le redini dell’organismo centrale di controllo nelle mani dei fratelli Pantaleone, Antonio e Giovanni Mancuso.

 http://www.gazzettadelsud.it/news//37605/Uomini-e-ruoli-per--.html

Uomini e ruoli per 
rafforzare il 
potere del clan 
 
Associazione mafiosa. Questo il reato contestato a 23 indagati su 24, destinatari del provvedimento di fermo della Dda di Catanzaro emesso nell’ambito dell’operazione denominata “Black Money”. Ognuno degli indagati si sarebbe adoperato per il rafforzamento del clan Mancuso, il cui «organismo centrale di controllo» – così definito dagli inquirenti – sarebbe diretto in qualità di capi e promotori dai fratelli Pantaleone Mancuso, 66 anni, detto “Vetrinetta”, Antonio Mancuso, 75 anni, Giovanni Mancuso, 72 anni, tutti «gerarchicamente sovra-ordinati » rispetto agli altri adepti aderenti, secondo l’accusa, alla cosca. A sostituire Pantaleone Mancuso nei periodi di assenza, per carcerazioni o altro, sarebbe stato invece il figlio Giuseppe, 36 anni, «con compiti decisionali e pianificatori dell’attività illecita del sodalizio mafioso, anche in relazione alla gestione del patrimonio accumulato attraverso le attività illecite del sodalizio». Ad occuparsi della programmazione degli omicidi e dei fatti di sangue per conto dell’intero clan di Limbadi ci avrebbe pensato Pantaleone Mancuso, 52 anni, alias “Scarpuni”, arrestato nei giorni scorsi per l’omicidio di Francesco Scrugli. A programmare invece le attività estorsive e ad individuare le modalità attraverso le quali riciclare il denaro sporco sarebbero stati Giuseppe Raguseo, 35 anni, di Rosarno, imparentato con Cosmo Michele Mancuso, e Agostino Papaianni, 62 anni, di Joppolo, già emerso nelle inchieste “Dinasty”e“Minosse 2”. A gestire gli affari illeciti, principalmente estorsioni ed usura, della cosca Mancuso anche in provincia di Catanzaro sarebbe stato poi delegato, col ruolo di «capo promotore del gruppo», Giovanni D’Aloi, 47 anni, di San Calogero. Di tale gruppo diretto da D’Aloi avrebbero fatto parte Gaetano Muscia di Tropea, già detenuto per altro, Giuseppe Costantino, 47 anni, originario di Nicotera ma residente a Vibo, Fabio Costantino, 36 anni, di Nicotera, Damian Fialek, 36, polacco residente a Sant’Angelo di Drapia, Antonio Pantano, 56 anni, di Ricadi, Francesco Tavella, 45 anni, di Porto Salvo. Antonio Maccarone, 34 anni, è stato invece fermato con l’accusa di aver svolto il ruolo di intestatario fittizio di beni riconducibili al genero Pantaleone Mancuso (cl. ‘47), rapportandosi con gli adepti a cosche subordinate ai Mancuso e con imprenditori turistici, mentre l’imprenditore Antonino Castagna, 63 anni, di Ionadi, già coinvolto nell’inchiesta “Dinasty 2”, avrebbe svolto per conto di Antonio Mancuso il ruolo di intermediario nelle operazioni dirette a sottoporre ad estorsione altri imprenditori. A sovrintendere all’operato dei soggetti della cosca dediti all’usura ed alle estorsioni ci avrebbe pensato anche Orazio Cicerone, 40 anni, nipote di Antonio Mancuso, mentre il ruolo di “alter ego” di Pantalone Mancuso, alias “Scarpuni”, sarebbe stato affidato a Nunzio Manuel Callà, irreperibile dall’operazione “Gringia”, e preposto a custodire le armi del clan. Al controllo della zona di Vena di Ionadi per conto di Giovanni Mancuso avrebbe poi pensato Mario De Rito, 39 anni, di Ionadi, già coinvolto nell’operazione “Odissea”. De Rito si sarebbe occupato in particolare del recupero delle somme date in prestito mantenendo diretti rapporti con gli imprenditori sottoposti al clan Mancuso. Autista di Giuseppe Mancuso, nonché partecipe al gruppo con funzioni operative, il ruolo svolto da Antonio Cuturello, 23 anni, di Limbadi, con Leonardo Cuppari, 39 anni, accusato di essersi poi occupato di far ottenere finanziamenti alle imprese di Papaianni. Legato a Papaianni e Raguseo anche Bruno Marano, 32 anni, di San Nicola De Legistis, mentre il ruolo di “cassiere” degli assegni frutto dei presunti traffici illeciti di Papaianni sarebbe stato ricoperto da Antonio Mamone, 45 anni, di Tropea. L’intestatario fittizio delle imprese di cui Papaianni si serviva per imporre generi alimentari ed altri prodotti (Smecal) viene indicato in Antonino Scrugli, 37 anni di Tropea, mentre Gabriele Bombai, 43 anni, di Tropea e Salvatore Accorinti, 39 anni, pure lui di Tropea, vengono indicati come organici al clan Mancuso con funzioni operative nella gestione delle attività commerciali e nel “recupero crediti”. In qualità di «tecnico del Comune di Ricadi», col compito di fornire al clan il supporto necessario, avrebbe poi agito Giovanni Paparatto, 40 anni, «occupandosi di tutelare gli interessi delle imprese riferibili al gruppo, tenendo contatti con professionisti e funzionari per ottenere vantaggi per le aziende mafiose». Delineati i ruoli degli indagati nel contesto associativo che ruota attorno al clan Mancuso, reati legati alla detenzione illegale di armi e munizioni vengono contestati a Giuseppe Mancuso, Antonio Cuturello, Antonio Campisi (quest’ultimo non raggiunto dal provvedimento di fermo), Giuseppe Costantino, Orazio Cicerone, Giovanni D’Aloi, Antonio Pantano. Per tale fattispecie delittuosa legata alle armi – in prevalenza fucili – la Dda non ha disposto il provvedimento di fermo. L’apposizione di una catena ed un lucchetto al cancello della proprietà della famiglia Zoccali di Limbadi, avvenuta nel 2010, costa quindi l’accusa di violenza privata aggravata dalle modalità mafiose a Giuseppe Mancuso. Passando alle estorsioni, aggravate dal metodo mafioso, Antonio Mancuso è accusato di aver costretto Domenico Polito, padre del collaboratore di giustizia di Tropea, Eugenio William Polito, 31 anni, a consegnargli 150mila euro o una villetta già rifinita dopo che lo stesso Polito aveva acquistato un terreno edificabile a Santa Domenica di Ricadi. L’evento non si sarebbe verificato per «cause indipendenti dalla volontà dell’autore». Altra estorsione aggravata dall’art. 7 della legge antimafia viene contestata a Giovanni Mancuso. In questo caso la vittima, con minacce ai figli e l’intenzione di “sparargli la casa”, sarebbe stata nel 2004 l’imprenditore di Briatico Giuseppe Grasso, costretto a pagare interessi usurai per un prestito di 50mila euro erogato dallo stesso Mancuso. Giuseppe Grasso e la moglie Francesca Franzè sarebbero anche state vittime di Antonio Mancuso, al quale viene contestato il reato di violenza privata, aggravata dalle modalità mafiose, in quanto avrebbe prospettato ai due coniugi «un danno peggiore di quello già prospettato da Mancuso Giovanni» se solo avessero sporto denuncia per i fatti dei quali erano vittime.

di Giuseppe Baglivo


venerdì 8 marzo 2013

La 'ndrangheta governa, lo Stato e la politica no...

Il maxisequestro sulla costa ionica apre un problema enorme: se la mafia ha un progetto politico per la Calabria e lo Stato no, cosa succede?

Qualche giorno fa ha esordito così su Calabria Ora Piero Sansonetti, direttore dello stesso quotidiano, con una riflessione seria sulla Calabria e la 'ndrangheta di oggi che anche alla luce dei nuovi risvolti di giustizia nella nostra provincia, mi ha fatto molto riflettere.

"La 'ndrangheta controllava lìindustria turistica sul litorale Ionico di Reggio Calabria e in parte anche di Catanzaro. Ma lo Stato attraverso le indagini della magistratura, lo ha scoperto e ha fatto saltare tutti questi affari malavitosi. Oppure potremmo dire così: la 'ndrangheta aveva messo in piedi un gigantesco business sul litorale ionico cosruendo una notevole rete di imprese turistiche del valore di mezzo miliardo di euro e lo Stato ha smontato questa macchina e ha raso al suolo il business.
Sono due punti di vista coi quali si descrive la stessa identica realtà.
Che è questa: la 'ndrangheta aveva  un  progetto "politico" per il litorale ionico, fondato sullo sviluppo del turismo e attraverso questo progetto aveva costruito delle solide realtà economiche, aveva dato lavoro a molte migliaia di persone e aveva creato consenso attorno a se. Come aveva realizzato questo progetto? Reinestendo i soldi guadagnati attraverso il traffico della droga.
Lo Stato, di fronte a questa realtà, ha fatto il suo dovere e l'ha demolita, sequestrando centinaia di impianti turistici.
Bene: lo stato ha fatto il suo dovere, stroncando le attività illegali. Grazie all'azione preziosa della magistratura e degli investigatori, che in realtà molto spesso sono assai efficienti e che vanno lodati. 
Il problema è che lo Stato non ha in nessun modo fatto il suo dovere sull'altro versante: quello di immaginare e realizzare un progetto per la Calabria, offrire occasioni di sviluppo, dare lavoro , creare consenso. Lo stato si è dimostrato assai superiore alla mafia nello scontro-diciamo così- legale e militare. Assai inferiore sul piano politico. [...] Il Problema è gigantesco. il caso della costa ionica, spiegato molto bene da uno dei migliori magistrati italiani il dottor Gratteri, è l'esemplificazione più chiara del problema della 'ndrangheta, La 'ndrangheta vive perchè sa sostituirsi a uno Stato (e a una borghesia) che in Calabria non esiste. Lo Stato esiste solo nella sua versione repressiva, e li ottiene ottimi risultati perche magistraturae forze di polizia funzionano, ma i risultati sono vanificati dall'assenza dello Stato nella sua veste di protagonista economico, politico e sociale. La magistratura può fare il suo lavoro nel miglio  modo possibile ma non può e non deve definire un modello sociale e in assenza di questo modello, cioè in assenza di un progetto di governo, il lavoro della magistratura viene annullato.

Ora è stato cancellato il business della mafia sullo Ionio. benissimo voi credete che il vuoto che si è creato sarà riempito da una nuova attività imprenditoriale legale? No, non sarà così. Perchè non esiste una classe dirigente in grado di offrire questo. Oil vuoto resterà vuoto, con gravi conseguenze sociali, oppure sarà riempito da nuove attività illegali. Che poi la magistratura reprimerà. In un circolo vizioso senza fine Chi può spezzare questo circolo? Solo la Politica. Solo la politica può battere la mafia, ma non lo farà mai se la mafia ha un progetto di governo e la politica no".

Piero Sansonetti da Calabria Ora del 7 marzo 2013

I Pm: 'Luni' Mancuso insinuato nell'ambito della politica

Pantaleone ''Luni" Mancuso, capo dell'omonima cosca di Limbadi, aveva la "capacità di insinuarsi, attraverso propri referenti, nel mondo politico-imprenditoriale, condizionando a suo favore il sistema". Lo scrivono i magistrati della Dda di Catanzaro nelle oltre 1.700 pagine del decreto di fermo eseguito stamani contro presunti capi e gregari della cosca. "E' stato documentato - scrivono il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, il sostituto procuratore generale Marisa Manzini, applicata alla Dda, e il pm Simona Rossi - il diretto interesse di Pantaleone Mancuso, in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2011, a sostegno del candidato Francesco Antonio Crudo, poi effettivamente eletto sindaco di Limbadi. Sono state intercettate ulteriori conversazioni nel corso delle quali è stata documentata l'esplicita richiesta di voti rivolta a Mancuso da parte di altri candidati nei comuni di Limbadi e Ricadi, in occasione delle elezioni amministrative del 15 e 16 maggio 2011. E' emerso, infine, il concreto impegno elettorale di Antonio Maccarone, genero di Pantaleone Mancuso, e dello zio paterno, Aurelio Maccarone, consigliere provinciale a Vibo Valentia, a sostegno di alcuni candidati in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2011, in chiara convergenza di interessi con lo stesso Mancuso". "Altra tematica emersa nel corso delle indagini, dalla quale risulta ulteriormente dimostrata la consapevole cooperazione offerta da Aurelio ed Antonio Maccarone alle attività ed agli interessi illeciti di Mancuso - scrivono ancora i pm - è quella relativa agli interessi di quest'ultimo nella politica locale. Le intercettazioni dimostrano che Mancuso intrattiene occulti legami personali con alcuni esponenti politici locali, fra i quali Ottavio Gaetano Bruni (consigliere regionale eletto con la lista Autonomia e diritti e poi passato all'Udc, ndr), esponente di vertice dello schieramento politico in cui milita anche Aurelio Maccarone. Più soggetti si sono rivolti a Mancuso chiedendogli appoggio elettorale e in tal modo rendendo evidente come egli venga notoriamente riconosciuto quale esponente mafioso di rilievo, in grado di procacciare voti, anche in comuni della provincia vibonese diversi da Limbadi". Il procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, incontrando stamani i giornalisti, ha detto che nessun politico é al momento indagato.

Boss intercettato " La 'ndrangheta non esiste più "

" Diciamo .. è sotto della massoneria però hanno le stesse regole e le stesse cose. Ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla 'ndrangheta''. A parlare in questi termini è Pantaleone Mancuso, detto Luni, indicato come il boss dell'omonima cosca di Limbadi, uno dei 24 fermati nell' operazioni di stamani, intercettato mentre spiega la sua concezione di 'ndrangheta ad un parente.

Boss intercettato
" La 'ndrangheta
non esiste più "
"La 'ndrangheta non esiste piu'. Una volta, a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, c'era la 'ndrangheta. La 'ndrangheta fa parte della massoneria. Diciamo .. è sotto della massoneria però hanno le stesse regole e le stesse cose. Ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla 'ndrangheta''. A parlare in questi termini è Pantaleone Mancuso, detto Luni, indicato come il boss dell'omonima cosca di Limbadi, uno dei 24 fermati nell' operazioni di stamani, intercettato mentre spiega la sua concezione di 'ndrangheta ad un parente ed invoca un cambiamento anche dell'organizzazione criminale. La trascrizione è riportata nel provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Catanzaro. "Una volta - prosegue - era dei benestanti la 'ndrangheta. Dopo gliel'hanno lasciata ai poveracci, agli zappatori e hanno fatto la massoneria. Le regole quelle sono rimaste. Come ce l'ha la massoneria ce l'ha quella. Ma la vera 'ndrangheta non e' quella che dicono loro, perché lo 'ndranghetista non e' che va a fare quello che dicono loro. Adesso sono tutti giovanotti che vanno a ruota libera sono drogati, delinquenza comune. Lo 'ndranghetista non voleva fare droga non faceva mai una lite. Uno che faceva il magnaccio, pare che poteva stare nella 'rotà? O che picchiava la moglie o che andava ad ubriacarsi. Non doveva entrare nemmeno nelle cantine perché c'era il 'mastro di giornata' che girava nel paese e se ti vedeva che entravi nella cantina o che bevevi erano 'nsaccagnate (botte, ndr). E' finita. Bisogna fare come, per dire, c'era la 'democrazia'. E' caduta la 'democrazia' e hanno fatto un altro partito, Forza Italia. 'Forza cose'. Bisogna modernizzarsi, non stare con le vecchie regole. Il mondo cambia e bisogna cambiare tutte cose. Oggi la chiamiamo 'massoneria' ... domani la chiamiamo P4, P6, P9". (ANSA)

«Un lavoro di squadra ma non è finita qui» La procura ora punta a professionisti e politica

C'è soddisfazione tra gli uomini della distrettuale antimafia di Catanzaro per l'operazione messa a segno contro il clan Mancuso che ha portato al fermo di 24 persone indiziate di delitto. Ma, come ha spiegato la stessa procura, il lavoro non è finito e le indagini proseguono per capire i possibili condizionamenti che la cosca ha esercitato sulla politica e sul mondo professionale vibonese

http://www.ilquotidianoweb.it/news/cronache/711486/-Un-lavoro-di-squadra-ma.html 

 CATANZARO – «Abbiamo concluso un lavoro di squadra, importante che è andato avanti nel corso del tempo e che ha colpito la costellazione dei Mancuso». Parola del procuratore capo di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo. E aggiunge il Procuratore aggiunto di Catanzaro Giuseppe Borrelli: «Il lavoro non è ancora terminato». Perché, adesso, il prossimo obiettivo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è quello di individuare i rapporti con il mondo della politica e dei professionisti. Perché, hanno spiegato ancora, «i Mancuso non si fermano davanti a nulla. I Mancuso non intervengono in campagna elettorale, ne sono protagonisti». All'operazione ha partecipato anche la Guardia di finanza di Trieste. Proprio in una banca friulana gli uomini della cosca avevano inviato diverse somme di denaro che a breve sarebbero state investite in quell'area del Paese per essere riciclate. I dettagli sono emersi durante la conferenza stampa che si è tenuta oggi nella sala delle conferenze della Prefettura di Catanzaro. Assieme ai procuratori catanzaresi anche tutti i dirigenti delle forze dell’ordine (Polizia e Squadra Mobile, Guardia di finanza di Catanzaro e Trieste, Gico, carabinieri del Ros) che hanno lavorato per anni e per mesi con il fiato sul collo della cosca Mancuso. «Un’indagine molto complessa» ha spiegato in conferenza il Procuratore Lombardo che ha ricordato la genesi e l’evoluzione della cosca Mancuso nel territorio di Vibonese. Presente alla conferenza anche il Procuratore della direzione nazionale antimafia Vittoria De Simone: «La mia presenza qui testimonia l’apprezzamento per il lavoro svolto e che la Dda di Catanzaro sta continuando a svolgere sul territorio del Vibonese. È stato acquisito tanto materiale investigativo e grazie al lavoro delle forze dell’ordine e dei magistrati si è riuscito a ricostruire tutto il contesto assieme ai rapporti della cosca Mancuso con il settore imprenditoriale, commerciale ed economico». È toccato poi al Procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli ricostruire la vicenda. «L'impegno della Dda di Catanzaro è massimo rispetto a tutto il territorio di competenza – ha rimarcato Borrelli - e gli ottimi risultati raggiunti uno dopo l'altro lo testimoniano con i fatti. È importante che questo si comprenda a fondo, perchè tutti sappiano che la giustizia non fa sconti a nessuno. È una garanzia per i cittadini, tutti, in ogni angolo della regione». Borrelli ha ripercorso il contesto in cui si è indagato per mesi e soprattutto ha spiegato come «il provvedimento si è reso necessario considerata l’attività di delegittimazione che si stava portando avanti contro diversi esponenti delle forze dell’ordine. Adesso abbiamo colpito la parte “nera” adesso l’attenzione sarà portata avanti per contestualizzare i rapporti con i politici e con i professionisti». Anche perché da alcune intercettazioni telefoniche sarebbe emerso anche l’interesse delle cosche verso alcune delle elezioni amministrative che hanno portato al rinnovo dei Consigli comunali. Per questo motivo Un lavoro ha tenuto a precisare Borrelli che è possibile grazie al fare «squadra» portata avanti dai sostituti procuratori in servizio a Catanzaro. Oltre al Procuratore Lombardo e all’aggiunto Borrelli le indagini sono state coordinate anche dai sostituti procuratori Pierpaolo Bruni e Simona Rossi e al sostituto procuratore generale Marisa Manzini (già firmataria di molte inchieste sul clan Mancuso quando era in servizio alla Dda). Nella conferenza sono emersi poi anche alcuni episodi che sono alla base delle indagini e che sono significati del ruolo della cosca. Vittima dell’episodio un imprenditore a cui erano stati prestati 8 mila euro e solo dopo poche settimane ne avrebbe dovuto restituire 20 mila. Ma in quel momento la vittima non poteva saldare il debito. Per questo motivo fu prelevato, portato in campagna e legato a un albero. Lì rimase fino alla mattina quando, secondo la ricostruzione dell’accusa, il fratello portò i soldi.

venerdì 1 marzo 2013

Spaccio sul litorale, chiesti 28 anni di carcere

 Requisitoria del pm ieri davanti al gup a carico di 8 persone coinvolte in un giro di sostanze stupefacenti. Operavano da Capo Vaticano a Briatico. L’attività d’indagine coordinata dalla Dda e portata avanti dai carabinieri di Tropea è scattata nel 2009.

http://www.gazzettadelsud.it/news//36491/Spaccio-sul-litorale---.html 


 Spaccio sul litorale, 
chiesti 28 anni 
di carcere
 

Ammonta a complessivi 28 anni e quattro mesi di carcere la richiesta di pena formulata ieri dal pm della Dda di Catanzaro, Simona Rossi, nel processo in abbreviato a carico di 8 imputati coinvolti nell’operazione antidroga denominata “Cerbero”. Associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, l’accusa mossa dagli inquirenti in un’inchiesta – condotta dai carabinieri della compagnia di Tropea con il coordinamento dell’allora pm della Dda Giampaolo Boninsegna –che mira a svelare l’organigramma di un sodalizio dedito al traffico ed allo spaccio di stupefacenti, operante nel Vibonese ed al cui vertice vi sarebbero gli Accorinti, detti “’Ncinci”, di Santa Domenica di Ricadi. Dinanzi al gip distrettuale, Livio Sabatini, il pm ha così suddiviso le singole richieste di pena: 6 anni di reclusione per Pasquale Accorinti, 44 anni, di Santa Domenica, difeso dagli avvocati Sandro D’Agostino e Giancarlo Pittelli; 3 anni e 10 mesi per Giuseppe Accorinti, 32, di Tropea, assistito dall’avv. Enzo Galeota; 6 anni e otto mesi, più 28mila euro di multa, per Nicola Zangone, 25 anni, di Tropea, (avv. D’Agostino); 3 anni e 4 mesi, più 12mila euro di multa, per Giuseppe Marchese, 27 anni, di Tropea (avv. Domenico Calopresti); 1 anno e 6 mesi, più 6mila euro di multa, per Domenico Pugliese, 27 anni, di Spilinga (avv. Patrizio Cuppari e avv. Michelangelo Miceli); 2 anni e 6mila euro per Saverio Tranfo, 27 anni, di Tropea (avv. Giovanni Vecchio); 2 anni e 6mila euro per Francesco Romano, 27 anni, di Briatico (avv. Giuseppe Bagnato); 3 anni e 10mila euro di multa per Francesco De Benedetto, 28 anni, di Tropea (avv. Antonio Porcelli e avv. Sandro D’Agostino). Per quanto riguarda la contestazione associativa, il pm ha poi chiesto al gip la derubricazione del reato in “associazione finalizzata allo spaccio di lieve entità” di sostanze stupefacenti. Dopo la requisitoria della pubblica accusa sono quindi iniziati gli interventi dei difensori degli imputati ed in particolare quelli dell’avv. Giuseppe Bagnato per Romano e degli avvocati Patrizio Cuppari e Michelangelo Miceli per Pugliese, tutti conclusi con la richiesta di assoluzione per i rispettivi assistiti. Gli interventi dei legali degli altri imputati proseguiranno invece il 5 marzo. Secondo la Dda, il gruppo sotto processo avrebbe avuto capillari ramificazioni sino a raggiungere le tante strutture ricettive della costa vibonese al fine di soddisfare le richieste di narcotico provenienti dai turisti in villeggiatura. Imprecisati quantitativi di cocaina sarebbero stati inoltre ceduti dagli Accorinti pure ad un medico ed un avvocato. L’intera attività investigativa ha preso avvio nell’autunno 2009 a seguito di un’escalation di atti intimidatori ad un commerciante di Santa Domenica che nel 2007 era riuscito a far condannare i suoi estorsori. Le attività di indagine, basate su pedinamenti e perlustrazioni, intercettazioni telefoniche ed ambientali, avevano però portato ad identificare gli autori delle intimidazioni, svelando al contempo una vasta organizzazione dedita al traffico di droga e gestita dagli stessi soggetti. Il gruppo, ricorrendo ai danneggiamenti per recuperare i crediti, sarebbe riuscito in poco tempo a monopolizzare l’intero mercato della droga a Santa Domenica e dintorni e lungo il litorale da Capo Vaticano a Briatico.